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INTERVISTA A GIACOMO PARONE SUL JAZZ A PESCARA

Il batterista Giacomo Parone ci parla del rapporto fra Jazz e Pescara

  1. Parlaci delle tue esperienze da musicista jazz a Pescara
Giacomo Parone, batterista Jazz a Pescara

Giacomo Parone

Come molti altri, non mi sento un jazzista al 100%. Sono molto appassionato di jazz sia come semplice ascoltatore che come musicista, il trio e il quartetto sono le formazioni in cui mi diverto di più quando suono anche se il mio lavoro da musicista non è totalmente incentrato di questo genere. Ho avuto la fortuna di partecipare a diversi progetti jazz nati a Pescara con cui ho avuto la possibilità di suonare molto in Italia e in Europa arrivando addirittura a fare un breve tour in sud America. Ovvimente ho partecipato anche a progetti con risonanza più “locale” ma non per questo meno qualitativi.

 

  1. C’è un vero interesse per questo genere musicale a Pescara?

Assolutamente si. Si parla molto di jazz a Pescara, ci sono molti musicisti che hanno una loro storia trentennale nel campo jazzistico oltre che il famoso festival “Pescara jazz”. Anche la didattica è molto vivace, ci sono accademie con ottimi insegnanti ma soprattutto c’è un conservatorio che offre un diploma accademico sia di primo che di secondo livello. Cosa più importante di tutti ci sono molti ragazzi, alcuni anche molto giovani al di sotto dei 20 anni, con una talento e una maturità musicale molto rari. Citando il pianista venezuelano­americano Otmaro Ruiz “Pescara è la città al mondo con più talenti per metro quadrato”

 

  1. Cosa pensi del jazz nel tuo centro nativo e cosa ti piacerebbe cambiare?

Penso che ci sia poca possibilità di suonare per i giovani emergenti. Il problema sta nel fatto che i musicisti jazz offrono il loro lavoro nei locali dove il pubblico si aspetta di trovare la Coverband del loro cantante preferito e questo crea una insoddisfazione sia da parte del musicista che da parte del pubblico pagante che “sostiene” il bilancio del locale. Non ho nulla in contrario alle Coverband nè a chi le va ad ascoltare, ritengo però che ogni tipo di musica debba avere il suo spazio. La Coverband deve suonare nel locale in cui il pubblico canta e brinda insieme ai musicisti mentre il jazz dovrebbe avere degli spazi dedicati in sale, auditorium, teatri ecc ecc dove il pubblico è attento e ascolta appassionatamente. Per fare questo però ci vuole un pò più di sostegno da parte di sponsor pubblici e privati. I concerti “producono” ricchezza, non sono un costo.

 

  1. Quali sono i tuoi progetti futuri, i tuoi concerti prossimi e con chi?

La novità di questa stagione è che ho preso parte attivamente al trio di Luigi Blasioli. È in uscita un nuovo disco che ci porterà in giro in Italia e in Europa. C’è anche un altro disco in preparazione quindi prevedo un bel pò di lavoro con questo progetto. I prossimi appuntamenti della band saranno a Foligno (Pg), Roma, Napoli e Milano. Inoltre faccio parte del “contemporary vocal ensemble” un coro moderno con cui eseguiamo una parte dell’american songbook, è un progetto molto allegro e vivace che in tre anni è cresciuto tantissimo sia come qualità che come numero di concerti.

 

  1. Parlaci dei tuoi artisti di riferimento a cui più ti ispiri.

Come ho detto prima non mi sento jazzista fino all’osso. Sarà per questo che i batteristi che mi hanno influenzato di più e che mi hanno spinto a migliorare non sono a loro volta dei jazzisti puri. Mi piace molto Vinnie Colaiuta, Dave Weckl, Horacio Hernandez, Steve Smith. Li ho sempre seguiti e ho sempre ascoltato i dischi dei loro progetti sia di jazz che di altri generi. In realtà al giorno d’oggi non penso ci sia una distinzione così netta tra i generi musicali, è tutto molto contaminato e questo mi piace molto, ogni singolo artista da la sua visione della musica senza starsi a preoccupare di quale spazio o mercato vada ad occupare. Sto parlando di musica non commerciale ovviamente.

Per altre informazioni su Giacomo visitate il sito www.giacomoparone.com

 

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